Quando ci ritroviamo di primo mattino al bivio della SS 106 per Sersale siamo poco più dei classici quattro amici al bar. Eppure la nostra destinazione, in virtù del suo nome, la Cascata Paradiso, avrebbe dovuto richiamare moltitudini. Evidentemente i numi tutelari degli escursionisti del CAI hanno deciso che la faccenda deve essere per pochi. E io e Raffaele esprimiamo qualche perplessità sull’attribuzione della doppia E come livello di difficoltà per la camminata di oggi. E ci sbagliamo. Dopo una ventina di minuti in cui sono i rovi a crearci qualche piccolo problema, la via di discesa si fa decisamente più ripida, il terreno asciutto e ricoperto di fogliame esige attenzione, è bene concentrarsi su ogni passo. Nel bosco, mentre scendiamo di quota, i pini larici lasciano il posto a querce e cerri, taluni di considerevole mole, fa caldo, si suda copiosamente. La questione si fa interessante, è il paradosso per cui più aumentano l’impegno e il livello di difficoltà più la realtà che stai vivendo diventa intrigante. La traccia che seguiamo si fa esigua, un sentierino stretto ed esposto, compare una corda infissa nella roccia a cui, tramite la stretta presa delle mani, affidiamo la nostra sicurezza, da ultimo un salto di alcuni metri dove lavoriamo di braccia mentre le gambe esplorano il vuoto cercando un punto di appoggio sicuro per la punta della scarpa. Ci siamo, una parete di roccia alta una decina di metri si para davanti a noi, percorsa da rivoli d’acqua. Non è la cascata che ci aspettavamo, purtroppo opere di presa a monte riducono di molto, in questo periodo, la portata altrimenti cospicua. E’ uno di quei luoghi della Sila che ci piacciono, remoti e selvaggi, là dove l’altipiano, verso meridione e verso levante, inizia a precipitare verso il piano, verso il Mar Ionio, con le sue pareti tinte di verde che delimitano valloni e burroni. Si risale, incrociamo una sterrata che percorriamo per circa un chilometro, grandi vedute e all’orizzonte si scorgono le Serre, dal profilo reso incerto dalla calura. Incontriamo una quercia monumentale, la mia esperienza mi suggerisce abbia almeno duecento o trecento anni, un vero patriarca, una imponente sentinella affacciata sul burrone di Circhio. E poi si sale ancora, si suda ancora, alzando di tanto in tanto lo sguardo verso la fitta volta arborea. E poi la sosta, le chiacchiere, l’intenso odore dei pini, l’aria ferma, il silenzio, un pezzo di pane di ieri, indurito, che diventa il pasto più buono che si possa desiderare, lo spirito di gruppo. Sila luogo dell’anima

Piergiorgio Iannaccaro

Accompagnatore dell’escursione: Marco Garcea – Ase Cai Catanzaro

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