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DIC
2015

Anche il Cai Catanzaro ha celebrato la giornata internazionale della montagna

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Venerdì 11 dicembre presso la nostra sede Cai si è celebrata la giornata internazionale della montagna, (Mountain Day, IMD) istituita dall’assemblea generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza delle aree montane per la vita sulla terra e per lo sviluppo sostenibile.

Per l’occasione è stata allestita una mostra fotografica sulla flora presente nel Parco Nazionale della Sila  e su alcune imprese alpinistiche della nostra sezione, molto apprezzata dai visitatori.

La serata è iniziata con la lettura della lettera dedicata alla montagna ed è proseguita con proiezioni naturalistiche sulla aree montane della Calabria intervallate da letture di brani di P. RUMIZ, P. LIOY, A.GROBER  G. KUGY, J. RUSKIN e che abbiamo deciso di pubblicare al termine dell’articolo. 

La serata si è conclusa in modo emozionante, con il canto “La montanara” 

Brani letti durante la serata 

1° brano Era lassù, a fil di mare, che cominciavano le Alpi. In un posto di nome Vrata, lo stesso termine che i dalmati usano per indicare gli stretti tra le isole. Salimmo a piedi, e in quei sedici chilometri – poco più di due miglia austroungariche – fu come passare dalla Grecia alla Boemia. Sotto, locande con calamari alla griglia e malvasia. Sopra, osterie con gulasch di orso. Due mondi separati da una scarpata feroce, dove la bora d’inverno raggiunge i duecento orari, cola sul mare come una massa liquida, artica, pesante. Un terreno difficile, dove talvolta i treni – tra Fiume e Zagabria – slittano per l’eccessiva pendenza. Quel pendio riassumeva tutta la barbarica differenza che esiste nel Mediterraneo fra la costa e il retroterra pastorale. … L’inizio delle Alpi non era riportato da nessuna guida. Figurarsi la strada per arrivarci dal mare. Così dovemmo tracciarla noi, a occhio. La più diretta saliva lungo pendii invasi da arbusti spinosi che un tempo erano state vigne. … Non fu una partenza. Fu un decollo verticale su una superficie ruvida e senz’acqua, lungo una pietraia abbacinante, sovraccarica di odori, ustionata come da acido solforico. Salimmo lenti, controluce, in un caldo turco, ma con addosso il piacere clandestino dell’avventura dietro casa, completamente soli su una strada segnata da paracarri antichi. … poi arrivammo a Fuzine, il villaggio dove servono il famoso gulasch in salsa di mirtillo. C’era il Grande Inizio, la nostra sella di Vrata che in slavo vuol dire “porta”, ed è per davvero una soglia che ti schiude l’universo danubiano. Ma lì cominciarono i problemi. Vrata poteva essere ovunque in quel labirinto di boschi quasi carpatici. C’era un paesotto con quel nome, un po’ di case allineate lungo la strada per Delnice e Zagabria. Sarebbe bastato, ma noi non ci accontentammo. Volevamo sapere il luogo esatto per poter dire: “E’ qui che si comincia”. Dov’era la sella giusta? … Nella frazione di Belo Selo, una vecchia vestita di nero falciava l’erba davanti a casa. Lo chiedemmo a lei: “Signora, dove cominciano le Alpi?” Marija, così si chiamava, ci guardò perplessa. Mai aveva saputo che nel suo villaggio finisse o cominciasse qualcosa. … Draga ne sapeva meno di lei. … Ormai tutto il paese era mobilitato. … Non potevamo rinunciare, ormai era una questione personale tra noi e le Alpi. … Ormai era chiaro. I croati non sapevano di essere una nazione alpina, dunque bisognava che glielo spiegassimo. … “Ascolti, le Alpi cominciano qui, ve lo diciamo noi italiani” … Tirai fuori la carta topografica, puntai con il dito l’isoipsa più alta della strada che dal villaggio di Vrata porta a Delnice. … “Ecco il punto è questo.” … La missione era compiuta. La foresta ondeggiava nel vento come gli alberi di una flotta in rada – olmi, sicomori, abeti immensi, alti fino a sessanta metri. La sera ci colse in una fantastica radura disseminata di escrementi di orso, cinghiale, martora. Qualcuno aveva segnalato una lince. P. RUMIZ, La leggenda dei monti naviganti

2° brano E’ all’artista come al filantropo, al filosofo come al letterato, al naturalista come al poeta, che voi riserbate, a ogni passo, indicibili seduzioni, o montagne! Siete le guardiane delle nostre terre, le nutrici dei nostri fiumi, la patria dei nostri venti, i geni del nostro cielo. Sulle vostre cime si elevano le menti e battono i cuori più buoni. Voi, colla voce della natura, ci parlate di ciò che è grande, infinito ed eterno. Discendiamo dalle vostre rupi come da un tempio, riportandone amore e bontà. Quanto saremmo migliori se ispirassimo sempre le nostre azioni ai sentimenti dei quali voi siete pura sorgente, se ci restasse sempre scolpito nell’anima il vostro splendore, dinanzi a cui le corbellerie, che ci rendono così spesso orgogliosi ed egoisti, si rivelano in tutta la loro ridicola vanità. P. LIOY, In montagna

3° brano Fratellanza alpina E’ così dolce e fa tanto bene il pensare alle nostre montagne, lontani da esse e rinchiusi in un ufficio, tra atti di lite, i codici, i trattati, le leggi, i regolamenti, che io assolutamente non posso tenermi dal trascorrere di tanto in tanto colla immaginazione lassù in alto; e riesco in siffatta guisa nella beata illusione, che parmi di udire il fragore delle vostre superbe cascate d’acqua ed il tuono dei nostri screpolantisi ghiacciai. Io mi sento così acceso di entusiasmo per quelle eccelse regioni, le quali ci schiudono un vero mondo fantastico, ricco di tante nuove e incomprese bellezze, e fecondo per noi di tanti pur nuovi ed elevati affetti, che sono tratto, quasi per impulso prepotente, dal sentimento, a proclamarne (non la demanialità) l’assoluta indipendenza da ogni legge d’ogni nazione, come di un territorio neutro, internazionale, dove gli uomini di qualsiasi razza vengono a stringersi amichevolmente la mano e salutarsi fraternamente, quali membri tutti di una sola famiglia: l’Umanità. A.GROBER (presidente CAI dal 1891 al 1909) Una pagina di giurisprudenza alpina; V. Calderini, Boll. CAI, XL, N. 73.

4° brano Vorrei ripetere sempre: ricordate coloro che prima di voi hanno avuto la gioia dei monti. E non sia solo un bisogno del vostro cuore, ma un dovere di gratitudine. Non dimenticate che oggi con la vostra tecnica e con le vostre capacità moderne, vi rizzate sulle spalle di quelli. Confrontate modestamente la vostra arrampicata su un nuovo dente di roccia o su una nuova parete, con le prestazioni dei nostri vecchi che, senza precursori, senza guide scritte, senza l’aiuto di mezzi di comunicazione, delle strade, dei ricoveri odierni, senza le comodità che voi godete in grazia loro, con mezzi insufficienti e carte imperfette, con equipaggiamento primitivo, andavano ad esplorare le regioni vergini, verso l’ignoto prospettato loro a colori foschi e terribili. Leggete i buoni libri alpini. Ben altrimenti comprenderete e godrete la montagna. Le relazioni tra montagna e l’uomo, la concatenazione di destini umani con la storia dei monti vi daranno un vasto campo di serie considerazioni e vi porgeranno gli elementi per non poche conclusioni istruttive, abbraccianti un mondo anche più largo di quello della vita alpina. G. KUGY, Le Alpi Giulie, trad. E. Pocar.

5° brano Non ho parlato della maestà delle montagne nè della loro espressione; non considero ora quant’esse sono forti, terribili, perché la grande statura, la forza ed il terrore non sono soggetti di contemplazione gradevoli a tutti gli spiriti. Ma l’incanto del colore, la perfezione della forma, la varietà infinita degli aspetti, lo splendore della struttura, sono tutti elementi preziosi per qualsiasi spirito umano non corrotto…E, per tutte queste ragioni, la superiorità delle montagne sui piani…è così facile a misurare come la ricchezza di un’invetriata di cristallo raffrontata a un vetro, o quella di un museo ad una stanzuccia ammobiliata. Sembra ch’esse siano state costruite per la razza umana; sono templi e scuole, piene di tesori di manoscritti illuminati dei sacerdoti; feconde di semplici lezioni per l’artigiano, silenziose nei loro pallidi chiostri per il pensatore, grandiose di fede per il credente. Sono le grandi cattedrali della terra, con i loro portali di roccia, i loro mosaici di nubi, i loro cori di ruscelli, i loro altari di neve, le loro volte di porpora scintillanti di stelle…. Le porte della montagna mi hanno aperto una via nuova che non avrà mai fine, se non alla porta di quel monte donde non c’è più ritorno. J. RUSKIN, Modern Painters, IV, 1869.

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