Sono entrato nella valle del Tacina innumerevoli volte. In primavera, in estate, in autunno, in inverno. A piedi e con gli sci. Dalla Valle di Ciricilla, da Mazzaforte, dalla Porta del Parco, dalla Valle del Piciaro, dal Cugno delle Sette Fontane, dal Gariglione per il Fosso del Baraccone, da Verberano su per il Monte Scorciavuoi. Ieri mi ha accolto con il vento teso di levante e i colori di una primavera precocemente brillante. E il mio pensiero rivolto al giorno prima, all’incontro con genti della Sila. Uomini e donne che erano sull’altipiano prima che io, animale di città, iniziassi i miei cammini, che lì sono ancora oggi, mentre io scrivo nella mia casa che guarda al mare dalle colline di Catanzaro. Mentre penso che io e altri cittadini abbiamo portato sulla montagna silana riti nordeuropei e anglosassoni, come il camminare, e riti scandinavi, come lo sci escursionismo. Camminare, scivolare sugli sci sono diventati il mezzo di conoscenza di territori sconosciuti a noi uomini e donne di città. Per alcuni di noi la conoscenza, sempre più capillare, sempre più raffinata, è diventata affetto. E con il tempo senso di protezione. Citando Teresio Valsesia, uomo delle Alpi piemontesi, abbiamo camminato per apprezzare, abbiamo apprezzato per tutelare. Io con il tempo ho visto nella montagna silana una casa. Nel senso di luogo domestico, di custode dei miei spazi più intimi. Una casa fatta di foreste, valli, laghi, vette, fiumi. Una casa che mi è concessa in uso dalle genti del luogo, dalle genti della Sila. Che lì hanno vissuto, che lì ormai vivono per scelta, che molto meglio di me sanno leggere i luoghi, interpretare i loro segnali. Che accettano le difficoltà imposte dalle terre alte al vivere quotidiano. Che dall’allevamento, dalla terra, dalla trasformazione dei suoi prodotti traggono sostentamento. Usando saperi antichi, rinnovando altrettanto antiche tradizioni. Allevatori, casari, agricoltori, apicultori, artigiani. Genti dignitose, libere e sapienti. La loro bellezza, le loro parole hanno riempito le stanze della casa delle Socie e dei Soci della Sezione di Catanzaro del Club Alpino Italiano, il Rifugio “Leone Grandinetti”. Là nel cuore profondo dell’altipiano. Che ha visto e assorbito tante storie. Testimonianze, ricordi, autentiche narrazioni hanno intessuto trame per le fila di un racconto corale. Seduti intorno a un tavolo li abbiamo ascoltati con rispetto, cogliendo la ritrosia a parlare delle genti di montagna. E allo stesso tempo la voglia di aprirsi e mostrarci il loro giusto orgoglio. Di chi ha un profondo senso di appartenenza. Di chi sa di presidiare territori tanto belli quanto difficili. Di chi ha scelto di restare, nonostante tutto. Un’esperienza unica, proficua, alla fine gioiosa, che mi ha arricchito più di decine di giornate passate sull’altipiano. Che mi ha rafforzato in una vecchia convinzione. Non c’è conoscenza dei luoghi senza relazione con i loro abitanti. Senza conoscenza dei loro modi di vita e del loro pensiero. Senza consapevolezza ed empatia.

Piergiorgio Iannaccaro 

Ventisette Aprile 2024, Rifugio”Leone Grandinetti”, con le Genti della Sila. Ventotto Aprile 2024, lungo l’alta Valle del Tacina e la Valle del Piciaro.