Mattinata in giro per le vie del centro storico di Catanzaro, urban trekking con il Club Alpino Italiano. Sono in cerca di sensazioni nuove nella città in cui sono nato e che mi stupisce ogni volta che la visito. Partenza da Piazza Duomo e, mentre il viaggio comincia, Raymond Carver mi regala il primo spunto: “In definitiva, le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste, con la punteggiatura nei posti giusti in modo che possano dire quello che devono dire nel modo migliore.”Già dai primi passi passato e presente si fondono nel cuore più antico della città: vicoli stretti, angiporti, scalette, stradine basolate, disegnano l’intricato labirinto che non t’aspetti. Non c’è un vicolo uguale all’altro. Ad ogni angolo, ad ogni svolta una piazzetta, uno slargo che evocano ricordi: l’arte della seta che rese Catanzaro una capitale europea, la toponomastica che ci riporta a tanti mestieri, le decine di edicole votive che testimoniano la religiosità popolare, le tracce di un passato bizantino che pian piano vanno scomparendo. Secondo spunto, Walter Benjamin: “Non sapersi orientare in una città non vuol dire molto. Ma smarrirsi in essa, come ci si smarrisce in una foresta, è una cosa tutta da imparare”. E poi il fascino dei panni stesi ad ogni balcone, bandiere colorate, issate al vento che non manca mai in città. Quei fili tesi da un balcone all’altro, e che spesso attraversano i vicoli, rappresentano un po’ i nostri sogni, le speranze quotidiane appese ad un filo, in attesa che le colpisca un raggio di sole. Mi ricordano i vicoli di Napoli. Terzo spunto, Alessandro Baricco: “Sarebbe bello la trovassero, che almeno una volta, almeno ogni tanto, in questo dannatissimo mondo, qualcuno che cerca qualcosa avesse in sorte di trovarla, così, semplicemente, e dicesse l’ho trovata, con un lievissimo sorriso, l’avevo persa e l’ho trovata – sarebbe poi un niente la felicità”. Mi colpiscono i numerosi giardini che compaiono all’improvviso, addossati ai vecchi palazzi, pieni di aranci e limoni. E poi gli scorci che permettono di abbracciare con uno sguardo tutta la costa Ionica, da Capo Colonna a Squillace. Ed ecco che la memoria mi riporta a Leonida Repaci che mi offre il quarto spunto: “La Calabria è una terra grande quanto mezzo Piemonte, e io non posso dire di conoscerla tutta. È questa una delle mie spine. Ho girato tanto mondo… e non conosco della terra nativa che quella balconata a mare infiorata di ulivi, di vigne, di eucalipti, di aranci, che guarda la Sicilia e le Eolie. Più che alla realtà, la Calabria appartiene per me alla geografia dell’anima…” Occorre salvare questa città, come stanno già facendo tante associazioni che si occupano di curarla. Ma per salvare qualcosa, qualunque cosa, un libro, un palazzo, un territorio, bisogna leggerli, conoscerli, raccontarli e descriverli. In molti la chiamano poesia, l’unica strada per cambiare il mondo. La poesia è una visione della vita, una forma di speranza, una preghiera laica. La poesia sta al mondo come la colonna sonora al film: senza quella musica, quel sottofondo, anche la pellicola della nostra vita sarebbe banale. Il senso della nostra vita sta tutto lì, in quella musica che quotidianamente ci accompagna, che dà colore ai nostri sogni, ai nostri desideri, alle nostre città. La poesia è quella signora che nel quartiere Grecia si è affacciata alla sua “mezza porta” sentendoci arrivare, che ci ha sorriso e che, nella speranza di non avervi annoiato, mi ha regalato l’ultimo spunto letterario di oggi. Una frase di Kate Milford: “Ci sono spazi nascosti in una città, vita nascoste e vacuità nascoste, e finestre più buie dove le ombre delle persone passano fugacemente fuori dalla nostra vista”.

                                                                                                                   Raffaele Arcuri socio Cai Catanzaro