Sul monte Iofri – Aspromonte

Accompagnatori: Nino Costantino – Marco Garcea

E’ ancora buio quando ci raduniamo in piazza a Catanzaro per raggiungere Samo, comune della provincia di Reggio Calabria. Da Samo saliremo sul monte Iofri, una cima dell’Aspromonte.

Nel silenzio delle strade cittadine ci dirigiamo verso la SS 106 che collega i tanti comuni marini della fascia ionica calabrese. E’ l’alba, ci soffermiamo qualche attimo ad ammirare il sole che velocemente si fa spazio fra l’infinito mare, è il primo spettacolo che oggi la natura ci regala.

Alle 8 ci ritroviamo con gli altri che provengono da Vibo e Lamezia, il tempo per salutarci e continuiamo per Samo, sul versante sud-orientale dell’Aspromonte. Il paese secondo la tradizione sarebbe stato fondato nel 492 A.C. da coloni greci provenienti dall’isola di Samos (Grecia), scappati dalle incursioni dell’esercito di re Dario I di Persia. 

Arrivati a Samo, attraversiamo le vie principali il cui nome sono tutto un significato: via Casette Popolari Terremotati, via Casette Popolari Alluvionati, Via La Verde, via Pitagora (tra leggenda e realtà si ritiene che Samo abbia dato i natali a Pitagora)

Il nostro punto di partenza è più in alto, procediamo osservando dal finestrino dell’auto i ruderi del borgo di Precacore, (la vecchia Samo) in parte restaurato. Dopo qualche km ci fermiamo nei pressi di una fresca fonte, da dove proseguiremo a piedi verso il monte Iofri, che è proprio davanti a noi, sembra vicino, ad un tiro di schioppo, ma per raggiungerlo occorrono almeno un paio d’ore.

Si parte! Seguiamo un comodo sentiero in compagnia di simpatiche mucche che ci guardano in modo strano, fino ad incrociare un sentiero in salita e da qui sarà sempre così, si sale tra splendidi e colorati panorami che guardano verso la fiumara La Verde, la fiumara Bonamico, il mare Ionio, i borghi dell’Aspromonte e la vetta dello Iofri. Ci inerpichiamo fra arbusti ed enormi rocce dalle forme misteriose e dove è facile vedere le caprette che si arrampicano. Ogni tanto sostiamo all’ombra dei lecci e dopo oltre due ore raggiungiamo la cima. Da quassù lo sguardo spazia verso il Montalto ed i boschi dell’Aspromonte. Con i binocoli scrutiamo fra le immense montagne aspromontane per cercare i ruderi dei vecchi borghi abbandonati di Africo Vecchio e Roghudi vecchio: è magnifico!

Ci fermiamo un po’ per una piccola colazione e ridiscendiamo. Per un breve tratto ripercorriamo lo stesso tratto dell’andata fino a incrociare un sentiero con fitta e alta vegetazione che nasconde fino al collo i nostri corpi. Raggiungiamo le auto, ci rifocilliamo presso la fonte e proseguiamo per Precacore. Si narra che intorno al 1530 Samo venne distrutta completamente da un nubifragio che durò sette giorni e sette notti, da questa sciagura pochi riuscirono a salvarsi e tra i sopravvissuti, una nobile donna (probabilmente una Principessa) la quale perse suo marito e sette figli, ed in quel momento di grande dolore esclamò: “mamma, o mamma, nel vedere la mia Samo così distrutta mi Crepa il cuore”. Da questa leggenda il nome della città fu cambiato prima in Crepacuore e successivamente in Precacore. Il borgo venne quasi definitivamente distrutto dal terremoto del 28 dicembre 1908, in seguito venne ricostruito nel luogo attuale e nel 1911 riacquistò il primitivo nome di Samo. Su questo antico sito è stato intrapreso un restauro che ha  riportato alla luce la Chiesa di San Giovanni Battista, la Chiesa di San Sebastiano e la casa del parroco. Questo è l’Aspromonte, una montagna ricca di storia e cultura.

Marco Garcea

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