Giornata nazionale dei sentieri 2015

Quando il nome non mente

Ci sono toponimi che, solo a sentirli, fanno scorrere un brivido nelle vene. È il caso di Monte Femminamorta, verso il quale ci siamo diretti domenica 31 maggio, incoraggiati, tuttavia, dall’idea di raggiungere la meta ultima, il cui nome lasciava presagire un’indubbia bellezza: la Cascata Paradiso, nel Parco Nazionale della Sila. Accompagnati dai soci Marco Garcea ed Emanuele Vozza abbiamo iniziato quella che era la Giornata Nazionale dei Sentieri ascoltando una spiegazione su come leggere le indicazioni lungo i percorsi di montagna, conoscenza imprescindibile per alleviare quel senso di smarrimento che si può provare nei boschi frequentati per la prima volta. Una corretta lettura della segnaletica rende sicuri e accresce la familiarità con il luogo attraversato. Perciò è necessario che quest’ultima ci sia, che sia mantenuta, curata, valorizzata e conosciuta.

Lasciate alle spalle le auto, ci siamo addentrati nel cuore di quella che abbiamo appreso essere l’area “3”. Lungo il percorso tanti cartelli segnalavano numerose cascate e la curiosità istintiva di noi escursionisti ci avrebbe portato a scoprirle tutte, ma la nostra meta era raggiungere la più alta, la più nascosta. Perciò abbiamo percorso dei sentieri nella boscaglia dove spiccava ai margini la rosa canina, nel pieno della sua fioritura, un arbusto spinoso dalle molteplici proprietà curative.

Il tragitto verso la cascata è stato deviato per offrirci la possibilità di affacciarci da un balcone naturale dal quale lo sguardo ha potuto spaziare su un panorama eccezionale, il Vallone di Circhio, caratterizzato da dolci colline il cui alternarsi ricorda un po’ il moto ondoso del mare. In questa cornice incontaminata e immersa nel verde abbiamo intravisto uno dei quattro salti della cascata. Così, ancora più curiosi, abbiamo ripreso il cammino per raggiungerla, e più ci avvicinavamo, più si diffondeva tra noi un silenzio spontaneo, per percepire lo scroscio dell’acqua che via via accresceva, si amplificava…e infine eccola: impervia, maestosa, imponente, selvaggia. Era lì tutta per noi che, come tanti scoiattolini, salivamo, scendevamo, ci arrampicavamo sulle sue pareti, scomparivamo seguendone il corso, inquieti e appagati nello stesso tempo.

Allontanati da quella che è la cascata più grande della Sila e riprese le auto, abbiamo sul momento deciso di concludere la giornata recandoci presso “il gigante buono”, proprio come si fa nelle giornate di festa, quando si decide di passare a salutare un anziano parente, che vive solo e abbarbicato in un luogo solitario. Così abbiamo ammirato questo plurisecolare castagno, dalla lunghissima circonferenza (8m), testimone di un antico castagneto che si estendeva nella zona e che sfamava la popolazione locale. Infatti, proprio accanto, sono ancora presenti i ruderi di una “pastillara”, tipica costruzione in pietra utilizzata per la trasformazione delle castagne, attività che un tempo era di primaria necessità, oggi invece il consumo di tale farina è considerato perlopiù voluttuario. Dopo avere vissuto il luogo a nostro modo, con esplorazioni, abbracci e girotondi attorno all’albero, ci siamo incamminati per il rientro, lasciandoci andare in riflessioni più o meno profonde…sulla bellezza scoperta in quella giornata, su quanto sia “poetico” trovare l’elemento acqua tra i boschi di montagna e proprio a questo punto concludo con una bellissima frase afferrata da un socio che voltandosi ha asserito: “ Beh…in fondo il CAI che cos’è…se non poesia!”.

Gabriella Catroppa

Accompagnatori: Marco Garcea – Emanuele Vozza

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