Profumo di ginestra

Venerdì 7 luglio 2017 il CAI di Catanzaro ha attraversato lo Stretto di Messina per recarsi nell’isola più grande del Mediterraneo, sul vulcano più attivo d’Europa: l’Etna.

Accompagnati dal Presidente del CAI di Catanzaro Gabriele Fera e dal Presidente del CAI di Giarre Giuseppe De Giorgio abbiamo iniziato la prima escursione l’8 luglio, partendo dal rifugio Citelli a 1741 m slm, diretti verso la Valle del Bove. L’inizio del percorso è caratterizzato da una ricca vegetazione, in particolare di: betulle, che con il loro tronco bianco sembrano abbagliare una terra così scura; pini neri, presenti anche in Calabria e Basilicata; magri cespugli di ginepro e poi ginestre dell’Etna. Quest’ultima è una specie endemica, che si contraddistingue dalle altre specie arbustive, in quanto raggiunge le dimensioni di un albero, 8-10 m circa. Tra pietre e sassi neri, su una distesa di terreno lavico, la pianta mostra la sua straordinaria capacità di adattamento inebriando i visitatori con il suo profumo intenso e delicato, reso ancora più profondo dal calore naturale di una soleggiata mattinata di luglio. Salendo abbiamo notato la vegetazione diradarsi e lo sguardo è stato rapito dal panorama della Piana di Catania, di origine alluvionale, resa fertile, nel corso del tempo, dal deposito costante di materiale vulcanico. Improvvisamente ci siamo resi conto di essere in un ambiente davvero unico, con il fuoco sotto di noi, il mare luccicante sullo sfondo, alte pendici che attendevano di essere percorse in un’atmosfera quasi lunare, sotto un sole rovente. Lungo il sentiero una sosta, per la visita alla grotta di Serracozzo. Siamo entrati da un’apertura molto bassa e abbiamo camminato all’interno di un cunicolo roccioso dove la lava ha lasciato i segni del suo passaggio nelle striature delle pareti, visibili grazie ai bagliori di luce che penetrano da spaccature della roccia, creando un’atmosfera incantevole e sorprendente. Il cunicolo si restringe sempre più, a tal punto che abbiamo proceduto carponi, facendo attenzione a non scontrarci con le aguzze formazioni laviche numerose al suo interno. 

Il cammino è proseguito verso il cratere sud-est, costellato da pulvini spinosi (dal latino “pulvinus”, cuscino) di diversa estensione, quindi piante molto basse, dall’aspetto rotondeggiante, che addolciscono l’immagine brulla della parte più alta del vulcano. Sono presenti la saponaria e il tanaceto, piante dagli innumerevoli impieghi, ma soprattutto l’astragalo spinoso. Tale presenza sembra essere lì… semplicemente, eppure per raggiungere la sua modestissima altezza (30 cm circa) impiega molti anni, affondando le sue radici in profondità. Siamo giunti dunque ad ammirare dall’alto la Valle del Bove, dominata dai crateri fumanti in sommità. Si tratta di una conca sul versante orientale dell’Etna pavimentata da rocce laviche formatesi in seguito alle eruzioni che si sono susseguite nel corso della storia. L’abbiamo attraversata al suo interno durante il secondo giorno, il 9 luglio, raggiungendola scendendo lungo il sentiero chiamato Schiena dell’asino, per la sua caratteristica conformazione. Ci siamo fatti strada tra rocce laviche aguzze e dalle forme più stravaganti, a tratti avvolti in nuvole di sabbia nera, incontrando animali come processionarie, farfalle e una volpe dell’Etna: inaspettate presenze in un ambiente così solitario.

Gabriella Catroppa

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